André era stato
per tutta la serata in compagnia di Alain e dei suoi amici. Era un tipo
davvero strano Alain: gli piaceva far baldoria con i suoi compagni ma non
era rozzo come loro, anche il suo cognome sembrava essere “diverso” da
quello degli altri: De Soisson, un cognome di origine nobiliare.
Si era divertito quella
sera; almeno per qualche ora era riuscito a non pensare ad Oscar. Sulla
via del ritorno, però, aveva sentito un grande freddo nel cuore.
Stava per perdere anche l’occhio destro e così non l’avrebbe più
potuta vedere. Aveva urlato, un grido sordo, crudo; aveva urlato contro
tutto e tutti, contro il mondo, contro il destino che gli si presentava
dinanzi.
Tornato
a palazzo era andato subito nelle cucine. Si era seduto sulla prima sedia
che aveva visto, incrociando le braccia sul tavolo per rilassarsi e per
far riposare un po’ la testa, intontita ancora dall’alcool.
Oscar arrivò
infine nella stanza. Mentre si avvicinava al tavolo le luci delle candele
illuminarono una figura, indistinta all’inizio, ma che pian piano divenne
più nitida.
“André…!!!”
gridò Oscar sorpresa.
“Oscar!!!
Cosa ci fai qui a quest’ora…? E’ tardi, perché non sei a letto?."
Oscar
in quel momento avrebbe voluto scomparire o diventare piccina piccina.
La luce delle candele, per sua fortuna, illuminava solo una parte del corpo,
e quindi ciò che poteva essere “esposto” ad occhi indiscreti era
celato.
“I… io…
non riesco a dormire e sono scesa per prepararmi qualcosa”.
“… capisco…”.
“Tu piuttosto,
dove sei stato?” disse riprendendo un tono di voce il più tranquillo
possibile.
André
la guardò con aria interrogativa: da quanto in qua Oscar voleva
sapere dove era stato?
“Sono
stato in un’osteria…”.
“In un’osteria…
e immagino che ti sarai divertito parecchio, vero?” disse con quella sua
ironia tagliente.
“Cosa
intendi dire” disse André più confuso che mai.
“Niente…”
disse lei con aria da finto menefreghismo.
Andrè
non ne poteva più: ma perché stava dicendo questo? Perché
lo stava trattando così? Che cosa le aveva fatto?
In un
moto d’ira si alzò come un fulmine dalla sedia e la prese per le
spalle:
“Tu non
sai cosa sto passando in questo momento!!” le urlò.
Oscar
si spaventò per il gesto improvviso di André e così
le cadde dalle mani il candelabro. Le candele si spensero. La stanza era
tornata nel suo più cupo buio. Le mani si André erano ancora
poggiate sulle sue spalle. Una cameriera, sentendo il rumore provocato
dalla caduta del candelabro, si alzò in vestaglia e con una candela
si affacciò alle cucine. Andrè strinse in una morsa la vita
di Oscar e le mise una mano davanti la bocca per impedirle di fare rumore.
Oscar
era sconvolta: cosa stava succedendo ad André? Forse aveva bevuto
troppo, sicuramente, ma non era una buona ragione per fare quello che stava
facendo.
La cameriera
se ne andò.
Andrè
tolse la mano dal viso di Oscar e con un gesto delicato le scostò
i capelli; avvicinò le sue labbra all’orecchio e disse:
“Scusami
Oscar, non volevo spaventarti”.
Poi, prese
a baciarla sul collo. Oscar era confusa. Si sentiva immensamente bene in
quello stato, tra le sue braccia: avrebbe voluto che continuasse per sempre,
che non smettesse mai ma poi, poi improvvisamente si liberò dalla
morsa di André:
“Non posso…
scusami… André…” la voce roca dal pianto.
Lasciò
subito la stanza. André rimase da solo, al buio.
“Oscar…
scusami, scusami se sono stato così stupido. E’ stato l’effetto
dell’alcol, credimi, a farmi reagire in questo modo. Oscar… adesso mi odierai,
lo so, ma io sono soltanto un uomo infelice, si Oscar, un uomo infelice
che vive insieme alla donna che ama senza però poterle dire “Ti
amo”. Vorrei tornar bambino per riuscire a starti accanto ancora, e ancora,
come un’ombra. Io… io… so che però un giorno riuscirò a stringerti
senza essere rifiutato, so che un giorno ti dirò “Ti amo” senza
rischiare di perderti; e finché quel momento non arriverà,
io ti starò sempre accanto Oscar, si, aspetterò che quel
momento arrivi e quando arriverà potremo essere felici, insieme,
come luce ed ombra”.
Fine
Cetty